01. Un amore – 6:15
02. Campo minato – 3:03
03. Fango – 4:00
05. Mangia insieme a noi – 3:22
06. Ospedale militare – 3:55
07. Nel mio giardino – 3:40
08. Un pipistrello in abito da sera – 4:57
09. Davanti al nastro che corre – 2:35
Come riporta il sito “John’s Basic Rock” che propone una ottima e condivisibile recensione dell’album “Ricky Gianco rimase silente lungo tutta la prima metà degli anni ’70 sospeso tra il declino del Beat e qualche produzione per l’infanzia, ma è evidente che la sua coscienza politica stava rafforzandosi esponenzialmente sia grazie a un certo tipo di frequentazioni, sia grazie a un’innata capacità d’osservazione degli eventi in corso. Prova ne è che quando nel 1976 uscì il suo primo 33 giri del “nuovo corso”, Ricky si period completamente trasformato: non più il ragazzo ye ye che scriveva Pugni Chiusi per i Ribelli, ma un trentetreenne baffuto e sornione che nell’album “Alla mia mam…” faceva lucidamente il punto sulla situazione del Movimento. In più, con un’invidiabile consapevolezza musicale che, se proprio non possiamo chiamare Prog, ne aveva sicuramente assimilato la lezione. I nove brani che compongono il disco tracciano di fatto quella linea di demarcazione che allontanerà irreversibilmente la musica autorale, progressiva o politica, da quella nuova concezione provocatoria e dadaista che sarebbe stata poi propria del movimento del 77. Il tutto però, senza rinunciare a momenti poetici di alta classe, partoriti soprattutto dalla penna di uno straordinario Gianfranco Manfredi.
Tra sferzate ritmiche, momenti people, rincorse vocali, citazioni etniche e arrangiamenti tipici della label Ultima spiaggia, si parte così già con la classica “Mangia insieme a noi” che, pur omaggiando Pete Seeger, ha in se una forza analitica che la incolla spietatamente al proprio tempo storico: “E’ chiaro che l’emotività nell’istituzione, dinamica non ne ha. Dialettica dell’autonomia, ottica e… insomma… ognuno a casa sua”. Ritmiche Progressive promanano dalla dissacrante “Ospedale militare” alla quale segue, bilanciandola perfettamente, la struggente “Nel mio giardino”: asciutto ritratto degli immensi quartieri dormitorio milanesi da cui period appena partito il movimento dei Circoli del Proletariato e da cui di lì a poco sarebbero nate le prime soggettività Punk. Tra le isteriche “Davanti al nastro che corre” e “Un pipistrello…” si insinuano poi le ballate “Fango”, dal chiaro sapore militante, e la dolcissima “Un amore”, per poi chiudere il tutto con “Repubblica”, cantata in sei dialetti diversi e il cui concetto è chiaro:
“Tutti dicono che si può avere tutto. Io non voglio niente.
Basta solo che mi lascino in tempo”.
Un disco sostanzialmente aggressivo quindi, i cui eccessi verranno poi limati nel 78 col più calibrato “Arcimboldo”: uno dei momenti più alti della carriera di Gianco. Ma tra il 76 e il 78 erano passate due ere geologiche e nell’anno del Lambro, occorreva ancora fare i conti con un passato chiuso e un futuro non ancora definito e “Alla mia mam…”, possiamo dire, fu una tra le migliori sintesi di quella situazione: sia musicalmente che poeticamente”.
Il disco, dopo un lungo periodo nel dimenticatoio, è stato ristampato in versione CD dalla RCA nel 1995.
Ricky Gianco – 1978 – Arcimboldo
TRACKLIST:
Lato A
01. Compagno si, compagno no, compagno un caz – 3:37
02. Arcimboldo – 4:15
03. Uomini non parlate più – 2:35
04. Vita, morte e miracoli – 3:21
05. Ironia – 2:36
Lato B
06. Il deserto è pulito (ha collaborato Riccardo Zappa) – 3:45
07. Obrigado, obrigadinho – 3:52
08. Il fiume Po – 5:20
09. A Nervi nel ’92 – 4:28
MUSICISTI:
PFM al completo (Mussida, Di Cioccio, Premoli, Djivas)
Roberto Colombo
Qui ci troviamo di fronte advert uno dei punti più alti della produzione discografica di Rocky Gianco. I testi si fanno più aderenti al movimento del 77-78, ironici e critici, e le musiche ancora più raffinate rispetto al disco precedente grazie alla presenza della PFM al gran completo. Ancora da “John’s Basic Rock”:
“Tecnicamente: nove canzoni prodotte da Claudio Fabi, eseguite dalla PFM post-Pagani in gran completo e in più, con la collaborazione di Roberto Colombo. Registrate presso gli studi milanesi della Ricordi, e mixate alllo Stone Fort di Carimate tra il maggio e il giugno del 1978. Concettualmente: una vera e propria analisi ex-post di tutte quelle problematiche che vennero trattate, dibattute e vivisezionate l’anno precedente ma, ripeto, mai risolte a livello collettivo: la frammentazione e le contraddizioni della sinistra, il silenzio sociale come conseguenza dei processi di modernizzazione, le possibili nuove forme di lotta, l’antimilitarismo, l’ecologia e, a chiudere il tutto, il ruolo della memoria storica sublimata in una curiosa canzone quale A Nervi nel 92, là dove due reduci del movimento si ritrovano quindici anni dopo sulla riviera ligure a raccontarsi le proprie esperienze. Degradati nella scala sociale, ma indomiti nel loro grande amore per la vita e appunto per l’esperienza.
entrance cowl della ristampa del 1987
Musicalmente siamo invece di fronte a un insieme di stili differenziati che, are available uso all’epoca, mettono l’appena defunto prog al servizio di una comunicazione più immediata di taglio cantautorale. E in questo, c’è da dirlo, la PFM è davvero perfetta. Un lavoro molto sofisticato insomma, a partire dalla splendida copertina dello Studio Dada2 che ritrae una “testa composta” di Gianco nello stile del pittore Giuseppe Arcimboldo (1526-1593). Altra caratteristica che legò indubbiamente l’album al suo tempo storico fu poi il linguaggio utilizzato nei testi, tutti firmati da un Gianfranco Manfredi in evidente stato di grazia. Versi speso ermetici – “comprensibili al movimento, ma oscuri al potere” si diceva allora – ma che toccano ogni atomo della coscienza sino a coinvolgerla tutta. Così, memorie e sensazioni che sembrano attraversare il disco quasi per caso, rivestono in realtà un ruolo preciso, come quel “cielo che period blu / a volte di un triste blu: blu-polizia” nella splendida Obrigado Obrigadinho che, insieme alla title observe, è a mio avviso l’autentico capolavoro dell’album.
Oppure come quel “deserto che è pulito e non fa rumore, ma è vivo e pieno di colore”, che poi sarebbe la metafora di una “Milano del futuro” che il potere vorrebbe sempre scintillante e asettica, ma dove le sacche di disobbedienza continuano advert incontrarsi, a resistere, a riprodursi. Parole certamente datate in effetti. Sentimenti quasi impossibili da spiegare a trent’anni di distanza, ma che non solo riflessero una rivolta diffusa e temuta dal sistema borghese, ma, se vogliamo, ancora attuali. Del resto, Il fiume Po, è sempre “un fiume chimico, ma senza H2O”, la sinistra è tuttora inquinata da “compagni del caz…”, e l’Ironia è sempre una delle armi più detestate dal potere. La sola differenza tra oggi e gli anni Settanta è che, se quarant’anni fa si osava toccare un qualsivoglia diritto civile, scattavano in piazza milioni di persone decise a tutto. Oggi invece, non solo “paghiamo” come Totò, ma sembra ci sia qualcuno che è pure contento di farlo. Ecco perché Arcimboldo fu allo stesso tempo un capolavoro e un sasso nell’oceano. Ma ricordiamoci sempre: ”è facile morire / ma è più difficile capire”.
“Arcimboldo” è stato ristampato due volte in versione CD: la prima nel 1995 (RCA), la seconda nel 2002 (BMG Ricordi). E ora non mi resta che augurarvi buon ascolto.
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