Parla il d.t. azzurro: “Furlani ha poco da perdere, tutti temono la Iapichino. Sogno tutte e 5 le staffette in finale”
Antonio La Torre, direttore tecnico azzurro dal settembre 2018, fa le carte alla Nazionale che, da sabato 19 a domenica 27, sarà ai Mondiali di Budapest.
Cominciamo dai marciatori, da sempre miniera tricolore?
“Volentieri: le punte, con Fortunato, sono diventate tre. Francesco Fortunato è reduce da una stagione durante la quale ha fatto cose probanti, dimostrando grande continuità. Ha personalità, è in condizione. Farà bene. Come Massimo Stano, che ha evitato gli Assoluti solo per precauzione. Lo aspetta una doppia sfida: deve bilanciare la fame da debuttante con avversari che faranno due gare su di lui, sapendo di cosa sia capace nei finali. Servirà misurare bene le forze, senza alzare troppo l’asticella”.
Poi il ritorno di Antonella Palmisano.
“Graditissimo: sarà un outsider, ma ha fatto di tutto per essere competitiva. Ricordo gli Europei di Berlino 2018. Una settimana prima della gara non stava in piedi: arrivò al bronzo. Diverse rivali saranno nuove per lei, ma in quanto ad agonismo…”.
In generale, cosa si aspetta?
“Caraibi e Centroamerica protagonisti della velocità, un’Africa sempre più emergente in generale e un’Europa rifiorita. In sintesi: un’ulteriore universalizzazione dell’atletica. E non è mettere le mani avanti. Ci sono tanti nuovi protagonisti e alcuni, da Furlani alla Iapichino, li vantiamo noi. Anche pensando a Parigi 2024, sarà importante verificare come i più giovani interagiranno con la classe e il temperamento di leader e veterani, da Tamberi in giù. In tutto vorrei più finalisti di Tokyo e di Eugene, dove siamo arrivati a dieci”.
“Fisicamente è al top: ha fatto benissimo, domenica, a evitare di gareggiare sotto la pioggia”.
“È il campione olimpico dei 100, come non potrei? Ha fatto l’impossibile per esserci. Le incognite legate al suo percorso forzato non mancano, ma è un fuoriclasse e se il fisico lo supporterà, tirerà fuori il coniglio dal cilindro”.
Citava Furlani e Iapichino…
“Mattia ha poco da perdere: deve liberare le sue fresche energie con irriverenza. Non credo che un 8.16 stavolta basterà per il podio, ma non neghiamo di aver trovato un talento. Larissa quest’anno ha fatto percorso netto e ha il coltello tra i denti: tutte la temono”.
In chi e cosa altro credere?
“In Weir e Fabbri, in Tortu finalista nei 200, nella Battocletti, in Crippa che, se nei 10.000 tornerà tra i primi otto, sarà come vincesse una medaglia, nell’esame di maturità di Arese. E poi nelle cinque staffette: le sogno tutte in finale, così da arrivare l’anno prossimo al preolimpico alle Bahamas sulle ali dell’entusiasmo”.
“Simonelli nei 110 ostacoli: potrebbe nascere una stella”.
Tra le assenze Vallortigara, Dallavalle, le ragazze dei 100 hs e il gruppo delle multiple.
“Elena, dopo mesi tribolati, s’è fatta da parte con l’onestà che la contraddistingue. Ma il rimpianto vero, senza nulla togliere a lei, dopo l’argento europeo e il 4° posto mondiale del 2022, è soprattutto per Andrea”.
In Gran Bretagna divampano le polemiche per alcune esclusioni eccellenti: l’Italia ha convocato tutti coloro che ne avevano diritto e, con un totale di 78 atleti, ne avrà 18 atleti più di Eugene 2022. Era il caso?
“Mi assumo la responsabilità delle scelte: alcune sono un riconoscimento al lavoro delle società. Budapest, poi, non è dall’altra parte del mondo. Detto questo, qualche controprestazione sarà fisiologica”.
Tanti big azzurri, stavolta, gareggeranno sin dal primo weekend: è un vantaggio?
“Siamo cresciuti, non ci nascondiamo: è indifferente. Piedi per terra e testa alta”.
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