“La nostra costituzione nasce per superare, per espellere, l’odio, come misura dei rapporti umani. Quell’odio che, la civiltà umana, ci chiede di sconfiggere nelle relazioni tra le persone; sanzionandone, severamente, i comportamenti, creando, così, le basi delle regole della nostra convivenza”. Torna il presidente della Repubblica e, dopo la pausa estiva, torna a farsi sentire avendo metabolizzato le tante, troppe, tensioni che slabbrano il tessuto sociale italiano. Sergio Mattarella è di nuovo sulla scena ripartendo dal meeting di Comunione e Liberazione di Rimini, palcoscenico perfetto per parlare di valori e diritti, per richiamare alla razionalità e alla moderazione quanti, anche ai più alti livelli, si sono distinti per sgrammaticature costituzionali. Basta odio, distinzioni di etnie, attacchi ai diversi dimenticando la composizione plurale disegnata dai padri costituenti per l’Italia. Il presidente si allaccia al tema del meeting per parlare di “amicizia” riempendo un termine – di solito elaborato nella strettissima sfera privata – di contenuti alti, inserendo la parola in un contesto più ampio che in effetti dovrebbe regolare in senso virtuoso il buon andamento della società. In un discorso complesso e valoriale Mattarella non esita a ricordare gli orrori del fascismo che ancora nel 1943 provocava “lutti e crudeltà”.
Ma non lo fa solo perché sorpreso di come ancora oggi parte dell’Italia debba chiudere i conti con quell’epoca di dittatura, lo fa per ricordare come fu proprio un “difetto di sentimenti di solidarietà e di reciproca disponibilità” a portare il Paese nel baratro del ventennio fascista. E che questa memoria non debba essere negata lo dimostra anche con una seconda tappa dall’alto valore simbolico, impossibile da fraintendere: una sosta ad Argenta per un omaggio alla tomba di don Minzoni, il sacerdote ucciso a bastonate da squadristi fascisti il 23 agosto 1923 e non a caso in seguito chiamato il Matteotti cattolico. Ma se il capo dello Stato eleva il concetto di “amicizia” nel pantheon politico, molto altro c’è nel suo applauditissimo intervento al meeting. La parte più politica del ragionamento presidenziale è destinata alla Costituzione che da mesi Mattarella si sforza di almanaccare nei suoi articoli e spiegare nei suoi contenuti: la Costituzione garantisce “il rispetto delle diversità” e di conseguenza contrasta quella “massificazione che ha caratterizzato, ideologie e culture, del Novecento”. Il presidente sembra veramente stanco di assistere a “contrapposizioni ideologiche”, a superate distinzioni “di caratteri etnici” e ancor più di quanti hanno la “pretesa di resuscitare anacronistici nazionalismi”. Tutto ciò non fa bene al Paese, al suo sviluppo, alla sua crescita. Serve piuttosto “concordia sociale e coesione” per far avanzare l’Italia. Perchè, ne è convinto Mattarella, “le identità plurali sono il valore della nostra patria, del nostro, straordinario, popolo, frutto dell’incontro di più etnie, consuetudini, esperienze, religioni; di apporto di diversi idiomi per la nostra splendida lingua”.
Da queste basi non poteva che svilupparsi un’analisi su uno dei temi più caldi all’esame del governo: il dilagare dell’immigrazione clandestina. E il monito ha un sapore agro-dolce per l’esecutivo di centrodestra: “sulle politiche migratorie occorre percorrere strade diverse. Se non se ne avverte il senso di fraternità umana, almeno per una miglior sicurezza”, premette seccamente. “I fenomeni migratori, vanno affrontati per quel che sono: movimenti globali, che non vengono cancellati da muri o barriere”, scandisce tra gli applausi del popolo cattolico. Fin qui l’agro. Poi riconosce, e lo fa da anni, che l’Italia da sola è impotente ad affrontare l’emergenza. E quindi passa al dolce: “occorre un impegno, finalmente concreto e costante, dell’Unione europea e sostegno ai Paesi di origine dei flussi migratori”. Perchè, aggiunge con un invito operativo alla maggioranza, “è necessario rendersi conto che soltanto ingressi regolari, sostenibili, ma in numero adeguatamente ampio, sono lo strumento per stroncare il, crudele, traffico di esseri umani. La prospettiva, e la speranza di venire, senza costi e sofferenze disumane, indurrebbe ad attendere turni di autorizzazione legale”. In tempi di sbandamenti etici, negazionismi riemergenti e incertezze valoriali il presidente non poteva che chiudere il suo discorso con una citazione di Giuseppe Dossetti, altro sacerdote antifascista: “E’ proprio, nei momenti di confusione, o di transizione indistinta, che le Costituzioni adempiono la, più vera, loro funzione: cioè, quella di essere, per tutti, punto di riferimento e di chiarimento”.
L’intervento di Mattarella
‘L’Emilia Romagna non va lasciata da sola’
“I cittadini della Romagna – e i loro sindaci – non vanno lasciati soli. La ripartenza delle comunità; e, con esse, di ogni loro attività, è una priorità, non soltanto per chi vive qui, ma per l’intera Italia”. Un applauso del popolo di Cl si è levato alla Fiera di Rimini quando il presidente della Repubblica ha detto che i cittadini della Romagna e i loro sindaci non vanno lasciati soli dopo l’alluvione. E’ stato il primo momento di interruzione del discorso di Mattarella, seguito nell’auditorio in religioso silenzio. Nuovo applauso quando Mattarella ha parlato di pace giusta in Ucraina e quando parla dei migranti.
‘Sui migranti occorre percorrere strade diverse’
Sulle politiche migratorie “occorre percorrere strade diverse. Se non se ne avverte il senso di fraternità umana, per una miglior sicurezza”. “Una pace giusta, non può dimenticare il dramma dei profughi. I fenomeni migratori, vanno affrontati per quel che sono: movimenti globali, che non vengono cancellati da muri o barriere”, ha aggiunto il capo dello Stato. “Occorre un impegno, finalmente concreto e costante, dell’Unione europea” e “sostegno ai Paesi di origine dei flussi migratori”.
“È necessario rendersi conto che soltanto ingressi regolari, sostenibili, ma in numero adeguatamente ampio, sono lo strumento per stroncare il, crudele, traffico di esseri umani – ha aggiunto -: la prospettiva, e la speranza di venire, senza costi e sofferenze disumane, indurrebbe ad attendere turni di autorizzazione legale”. “Inoltre – ha spiegato Mattarella -, ne verrebbe assicurato un inserimento lavorativo ordinato; rimuovendo la presenza nascosta, incontrollabile, di chi vaga senza casa, senza lavoro e senza speranza; o di chi vive ammassato in centri di raccolta, sovente mal tollerati dalle comunità locali”.
Mattarella ricorda il centenario della morte di Don Minzoni
Il presidente della Repubblica ha deposto ad Argenta una corona di fiori sopra la tomba di don Giovanni Minzoni a ricordo del centenario dell’uccisione del sacerdote da parte delle squadracce fasciste.
Nato a Ravenna nel 1885, dopo aver partecipato alla prima guerra mondiale come cappellano militare (fu decorato al valore militare) Don Minzoni divenne parroco ad Argenta, un popoloso centro agricolo che si trova in provincia di Ferrara, ma che ricade nel territorio della diocesi di Ravenna. Qui si oppose in maniera molto netta alle violenze dello squadrismo fascista, in un territorio pesantemente segnato dagli scontri politici del biennio rosso.
Da forte sostenitore della dottrina sociale della Chiesa e del Partito Popolare di don Sturzo, promosse alcune cooperative, fu particolarmente attivo nel sostegno ai lavoratori e fu anche uno dei pionieri italiani della diffusione del movimento scout. Venne assalito da due persone facenti capo al ras di Ferrara Italo Balbo la sera del 23 agosto 1923. Soccorso da alcune persone del luogo, morì poco dopo a causa delle ferite riportate, a 38 anni. Le responsabilità della sua morte, insabbiate durante il regime fascista, vennero acclarate nel dopoguerra, quando gli assalitori del sacerdote vennero condannati. Vennero poi scarcerati per l’amnistia.
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